Monte Duranno via dei cacciatori ertani, via normale di salita
Il Monte Duranno (2668 m) è la seconda montagna più alta delle Dolomiti Friulane e per le sue forme ardite è anche localmente chiamato il Becco dell’Oca. Si presenta aguzzo soprattutto se visto da ovest e da est, ampio e possente da sud o da nord. Ovviamente non è possibile salirlo per sentiero ma richiede esperienza alpinistica e uso della corda, lungo una via normale d’ambiente, logica e diretta, che oppone difficoltà massime di III+. La via normale è detta anche “dei cacciatori ertani” perchè percorsa per la prima volta appunto dai cacciatori locali Sartor, Filippin e Martinelli. L’unica via di salita tecnicamente più semplice (massimo II) è però più complessa nel suo sviluppo, e quindi è assai poco seguita da chi tenta la cima.
Zona: Alpi Carniche, Dolomiti d’Oltre Piave.
Dislivello in salita: 1500 m circa.
Difficoltà via normale al Monte Duranno: II e III, un tratto di III+.
Tempi: ore 5.30 per la salita.
Cartina: Carta Topografica Tabacco 021 – DOLOMITI DI SINISTRA PIAVE
Relazione della via normale al Monte Duranno
Si percorre interamente l’autostrada A27 Venezia-Belluno, si prosegue fino a Longarone, si prende per Erto e si risale il fianco sinistro (idrografico) della valle, superando la Diga del Vajont. A Erto si seguono le indicazioni per la Val Zemola, parcheggiando presso lo slargo poco a monte della Casera Mela (1178 m).
Si cammina lungo la strada sterrata, abbandonandola presso l’inizio del sentiero CAI numero 374 che si dirige verso il Rifugio Maniago (cartello), al quale si giunge dopo circa 1 ora e 20 minuti di cammino. Si imbocca il sentiero che sale dietro il caseggiato verso Forcella Duranno, uscendo presto dal bosco. Si risale un pendio di ghiaie, portandosi sotto la fascia rocciosa che prelude alla forcella. Con qualche svolta e facili passaggetti di I grado vi si giunge, in circa un’altra ora o poco più (2217 m; ore 2-2.30 dal parcheggio).
Qui si devia decisamente a sinistra, seguendo una traccia marcata che si porta verso il Monte Duranno. La via normale inizia presso una bassa grotta, molto evidente già dalla forcella, a destra della quale troviamo una freccia rossa che indica un non facile passaggio di I grado un po’ esposto. Superatolo, si risale il pendio di ghiaie e roccette seguendo le (eccessive) indicazioni in vernice, portandosi oltre un pendio erboso, cui segue un breve tratto per crestina e un secondo pendio di roccette facili. Di qui a sinistra sotto un corto camino che va risalito (II), arrivando all’altezza della Cengia Alta del Monte Duranno.
Le indicazioni in vernice proseguono sia a destra che a sinistra. Tralasciare le prime, che portano inizialmente verso il basso lungo la Cengia Alta e seguire le seconde, che senza particolari difficoltà portano a superare due rientranze della parete (fare attenzione in un punto ove la cengia è in parte franata, I+) fino a giungere nel grande canale centrale del Monte Duranno, che solca al centro il versante sud della montagna. Praticamente all’ingresso dello stesso, bisogna sforzarsi di abbandonare il fin troppo comodo filo d’Arianna dei segnavia rossi (che proseguono in basso e poi altre, lungo il cengione) e attaccare a destra (freccia rossa verso l’alto) una parete di II grado di circa 25 m (anello cementato all’uscita), cui segue una cengia verso sinistra (ometti) che porta sotto un camino al centro del canalone. Se non ci si è già precedentemente legati, qui conviene sicuramente farlo, procedendo in cordata.
Si risale il camino (chiodo a sinistra, poi masso incastrato e successivo chiodo) per 20 m, arrivando ad un anello cementato (III). Si risalgono banali ghiaie fino sotto un camino di 45 m, che va interamente risalito (due-tre chiodi lungo il tiro e anello di calata a metà) fino al suo termine con anello cementato (III+). Di qui si prosegue stando leggermente a destra del fondo del canale, lungo una parete di roccia molto articolata (I e II), per evitare di essere investiti dai sassi eventualmente smossi da altri alpinisti più in alto. La direzione è sempre evidente. La vetta è a destra e vi si arriva per pendio finale facile e in ultimo con un singolo passo lungo una cresta rotta e friabile (ore 3.00 dalla forcella Duranno; ore 5-5.30 dall’auto).
Per la discesa sono consigliabili 5 doppie, tutte di circa 20-25 m, la prima delle quali per scendere la parete di secondo grado che deposita poco sopra il camino di 45 m; altre due per scendere questo tratto, una quarta per il camino di III e l’ultima per scendere in sicurezza la parete di II immediatamente sopra il cengione anulare del Monte Duranno. Altre doppie possono essere eventualmente attrezzate in altri punti, in base al proprio livello arrampicatorio e alla propria esperienza alpinistica.
Portare una corda da 50 m, 5 cordini, due moschettoni a ghiera, 4-5 rinvii, eventualmente un set di nuts.
Il Duranno è un gigante tra le Dolomiti d’oltre Piave, balcone ineguagliabile verso la val Cellina e la pianura friulana (con l’atmosfera limpida e tersa autunnale si scorge con facilità il mare), così come è punto di osservazione privilegiato verso le sorelle maggiori, le Dolomiti venete.
Pelmo, Antelao e Civetta sono ad un passo. Se la giornata lo consente si scorgono le sagome inconfondibili delle Tre Cime, della Croda dei Toni e delle Tofane, ma anche delle Odle, e poi fino ai Tauri ed alle più remote Giulie ad est.
Per la normale, la corda è praticamente indispensabile per alcune logiche e comode doppie in discesa, mentre in salita, qualora il passo sia molto saldo, si può limitarne l’uso al camino di III+ segnalato dall’autore dell’articolo.
Poco sotto la vetta bisogna fare davvero attenzione a non far cadere sassi. Se si procede dove è più facile è inevitabile smuoverne, soprattutto in discesa. Meglio stare leggermente più a destra, arrampicando sul grado I e II.
Suggerisco rispetto alla relazione riportata: dopo l’attacco della via, quando si abbandonano i bolli della lunga cengia per procedere sopra la freccia rossa, c’è un primo tiro (descritto in relazione), ma dopo bisogna ancora salire una paretina verso sinistra. Solo dopo si raggiunge la cengia che porta al camino di III.