Cima Piccola di Lavaredo (2857 m) – Spigolo Giallo
(Relazione di Pietro Della Putta)
Lungo il filo di questa spada colossale sta scritta una delle pagine più gloriose del grande alpinista Emilio Comici, che con M. Varale, R. Zanutti lo percorse integralmente nel 1933. Quando si arriva a metà strada tra i rifugi Auronzo e Lavaredo, e si è inevitabilmente nel mezzo di uno dei tratti più affollati delle Dolomiti, chi ama la montagna, chi ama le crode dolomitiche, chi non sia del tutto digiuno di storia dell’alpinismo, sentirà come un richiamo ineluttabile a voltare il capo verso monte, verso quella punta gialla e perfetta che insieme alle pareti nord ha reso famosissime le Tre Cime di Lavaredo. Qui è passato un vero mito dell’alpinismo, qui ha lasciato la sua firma, sulla croda più appariscente e difficile.
Zona: Dolomiti di Sesto e Auronzo.
Difficoltà: massimo VI+.
Sviluppo: 350 m
Tempi: 45 minuti per l’attacco.
Cartina: Carta Topografica Tabacco 010 – DOLOMITI DI SESTO, SEXTENER DOLOMITEN
Accesso
Da Misurina si percorre la famigerata strada a pagamento per il Rifugio Auronzo. Abbandonata l’auto nell’ampio parcheggio, si segue il sentiero che aggira le Tre Cime a sud, in direzione del Rif. Lavaredo. Quando si è in vista dello spigolo della Cima Piccola, si abbandona la strada sterrata e si risalgono le evidenti tracce sul ghiaione, giungendo alla base del grandioso monolito (45 minuti). L’attacco è subito a destra di una targa, alla base di un grande ed evidente diedro che presenta subito, quali segni inconfondibili, delle grosse prese molto lisciate dall’uso.
// Relazione
1. Su dritti per trenta metri di evidente diedro giallo e irregolare, superando difficoltà di V+ fino ad arrivare a sostare su tre chiodi con cordoni (sosta non comodissima). Quattro o cinque chiodi lungo il tiro, piuttosto vecchi e non tutti affidabili, ma qui è facile integrare le protezioni con friend o dadi. La chiodatura abbondante ma non sempre affidabile è una costante di quasi tutta la via. La roccia è molto levigata. (30 m; V+)
2. Si prosegue per la continuazione del diedro su difficoltà di V- fino a che questo termina. Il passaggio di uscita, protetto da un chiodo integrabile con un dado, è il primo passo chiave della salita (VI). Con difficoltà di IV si esce a destra fino ad un buon terrazzino dove si sosta su tre chiodi. Non fatevi spaventare dalle prese estremamente levigate di questi primi due tiri: proseguendo verso l’alto i ripetitori si distribuiscono su una maggiore superficie d’usura e la roccia migliora. (35 m; IV, 1p.VI, IV)
3. Obliquando ancora verso destra si supera un evidente pilastrino staccato e si sale per gradoni e placche grigie non difficili, senza percorso obbligato e senza trovare chiodi, fino ad una nicchia con due chiodi dove si sosta. (Con questo tiro inizia la variante centrale allo Spigolo Giallo, comunemente percorsa oggi. Il ripetitore tenga presente che Comici e compagni continuarono invece diritti sul filo dello spigolo, per tre tiri in grande esposizione e su roccia dubbia, con difficoltà costantemente tra il V e il VI grado). (40 m; III+, IV-)
4. Si continua a salire in leggera diagonale verso destra, ancora per placche o seguendo un diedro-canale non molto marcato, fino a giungere ad una cengetta dove si sosta comodamente su tre chiodi. (50 m; III+, IV-)
5. Si vince la paretina soprastante, più verticale dei due tiri appena percorsi, puntando alla prima cengia visibile in alto e leggermente verso sinistra. Vi si giunge e si trovano subito tre chiodi dove ci si può fermare. In questo punto sulla roccia sono incise due frecce che indicano l’inizio del traverso verso sinistra. (30 m; IV+, V)
6. Il traverso non è difficile (IV, IV+) ma si comincia a sentire la forte esposizione. Si supera un primo spigolo e si continua a traversare a sinistra, superando infine un piccolo risalto per arrivare a sostare su un chiodo e una clessidra sopra un terrazzino piccolo e un po’ scomodo. (20 m; IV, IV+,V)
7. Si supera subito uno strapiombetto (un passo di VI-) protetto da un chiodo e si prosegue obliquando leggermente prima verso destra e poi verso sinistra, per muretti gialli e grigi. Si incontrano lungo il tiro un paio di chiodi e altrettante clessidre. Si giunge su una cengia dove si sosta molto comodamente su due chiodi. (35 m, VI-, V+)
8. Ci si innalza dalla sosta leggermente verso sinistra, sulla placca chiara (V+, 1 chiodo) e puntando poi decisamente alla base del diedro giallo molto strapiombante, 7-8 metri sopra la sosta. Il diedro è atletico, con appigli buoni ma un po’ levigati, e costituisce il tratto chiave dell’intera salita (VI+). Vi sono molti chiodi, per cui varrà la pena ignorare quelli più vetusti e conservare moschettoni ed energie per salire risoluti sino a che non si intravede la possibilità di un’uscita dal diedro verso sinistra, dopo circa 30 metri dalla cengia. E’ bene a questo punto evitare di farsi attrarre dagli ulteriori chiodi e cordoni che penzolano dalla parte superiore del diedro: si tratta di una variante con difficoltà molto sostenute. Si sosta invece, scomodamente appesi e in forte esposizione, su due vecchi chiodi (ma con buona possibilità di integrare) e si recupera il compagno. (30 m; V+, VI+)
9. Si traversa sempre in grande esposizione verso sinistra per circa 8 metri seguendo una fessura orizzontale non molto evidente ma con tracce di magnesio, riguadagando il filo dello spigolo. Si incontra un chiodo e poi altri due, dove conviene sostare. E’ probabilmente possibile unire questo traverso al tiro precedente, ma si dovrà avere avuto cura di allungare le numerose protezioni, pena il rischio di forti attriti di corda. (10 m; V)
10. Ci si innalza dritti dalla sosta, seguendo i punti deboli del verticale ed esposto muro soprastante e incontrando un paio di chiodi. La roccia qui è meno buona che nei tiri precedenti, dove è sicuramente stata parecchio consolidata dai passaggi. Merita una riflessione il fatto che Comici utilizzò venti chiodi per l’intera salita, su roccia sicuramente molto più precaria di quella che incontriamo oggi. Si arriva a sostare su una nicchia con due chiodi ed una fessura. (40 m; V, V+)
11. Si può salire tenendosi a destra rispetto alla sosta, per muri gialli e grigi, interrotti a metà da una cengia. In circa 55 metri non si trovano chiodi, ma è sempre possibile integrare piuttosto bene con cordini e friend. Probabilmente il tiro qui descritto è una variante più a destra della via comunemente percorsa. Ci si ferma su due chiodi sopra una cengia comoda, subito sotto un camino. (55 m; V+, V)
12. Il camino non è protetto ma è facile. L’unico passo un po’ malagevole perché strapiombante lo si può proteggere grazie ad un grosso sasso incastrato. Si viene fuori su una paretina di IV e si intravede l’uscita sul piccolo pianoro subito sotto l’anticima, dove si giunge a sostare su un masso con due spit. (40 m; IV+, IV)
13. Con ulteriore breve tiro di III+ sul diedro camino soprastante di può arrivare a calcare la vetta dell’anticima. (20 m; III+)
Discesa
Piuttosto delicato il primo tratto per via dell’esposizione: si segue la cengia in leggera discesa che aggira l’anticima verso sinistra (ovest), superando un piccolo saltino di II grado e giungendo sino alla piatta forcella tra cima e anticima. Dal terrazzino inizia verso ovest una serie di 6 calate su grossi anelli cementati (50 m, 25 m, 25 m, 25 m, 25 m, 50 m) e si giunge in circa un’ora e mezza alle ghiaie tra Cima Piccola e Cima Grande, da dove si è in qualche minuto, scendendo per sassi e gradoni instabili, nuovamente all’attacco.