Blog[Nonsolo-Dolomiti]

Salita del Cervino (Cresta del Leone): tutte le informazioni

Il Cervino è la montagna dei tuoi sogni? Vuoi realizzare la salita del Cervino per la Cresta del Leone, cioè per la via normale italiana? Hai molti dubbi e poche certezze? Sei in cerca di informazioni sulla via e sulle questioni pratiche? Qui sei nel posto giusto: continua a leggere!

(Nella foto d’apertura, il Cervino come si presenta completamente senza neve a fine agosto)

Cervino: Cresta dell’Hornli o Cresta del Leone? Zermatt o Cervinia?

Sul perchè si desideri salire una montagna come il Cervino non voglio dir nulla. Ciascuno ha le sue motivazioni, alte o basse che siano, non sta a me elencarle e giudicarle. Io vorrei salirlo semplicemente perchè è bellissimo. L’estetica guida da sempre le mie scelte. Ma siate pronti: il Cervino non è roba per tutti, bisogna essere allenati e avere esperienza, buon equipaggiamento e convinzione.

Le due linee di salita più sfruttate perchè relativamente più semplici sono la Cresta dell’Hornli, in versante svizzero (si parte da Zermatt), e la Cresta del Leone, in versante italiano, per fare la quale si parte da Cervinia. La prima via è tecnicamente più semplice ma sicuramente più affollata, senza validi punti d’appoggio in quota se non d’emergenza (Capanna Solvay a 4000 m circa), non banale da seguire, soggetta alle scariche di sassi innescate dalle molte cordate che precedono. E’ però la linea esteticamente più perfetta, quella che tutti noi abbiamo in testa quando pensiamo al Cervino. Io l’ho scartata: l’ho valutata più scomoda e poi preferisco difficoltà più elevate ma con (relativamente) meno gente. Preferisco quindi la Cresta del Leone (via normale italiana) soprattutto perchè il giorno della vetta si devono superare solo (si fa per dire) 600 m di dislivello in salita, invece del doppio, potendo dormire al Rifugio Carrel, posto in quota a 3850 m circa. Per fare la Cresta dell’Hornli si parte invece dal rifugio omonimo, 1200 m più in basso del punto culminante.

La Cresta del Leone ha poi una dirittura forse più chiara, ha un maggior quantitativo di corde fisse, brutte da vedere, eticamente uno schifo, ma che rendono il tracciato complessivamente più facile da individuare. Le corde fisse sono uno scempio su una vetta del genere, come lo sarebbero su qualsiasi altro monte, ma ormai sono là, servono ad agevolare la salita dei clienti delle guide alpine, insomma sono al momento un dato di fatto ineluttabile che o si accetta o non si accetta, e in quest’ultimo caso non resterebbe altro da fare che rivolgersi, potendo, alle creste vergini come quella del Furggen. Sul Cervino l’alpinista medio (ma esperto) deve scendere a compromessi con la propria etica…

Sia chiaro, la salita resta di grande impegno (D), oppone passaggi fino al III grado e, tra salita e discesa, risulta infinita. Poi c’è la quota: si arriva a oltre 4.400 m!

mappa/castina del Cervino (fonte Rete)
Fotografia della mia cartina della zona del Cervino

Cresta del Leone: quando salire?

Se come me sei fondamentalmente un dolomitista, insomma se sei più un rocciatore che un alpinista da Alpi occidentali, il periodo migliore è fine agosto, quando il Cervino è praticamente sgombro dalla neve, tanto che pare una montagna di 1000 più bassa, presenta solo neve sulla cresta del Pic Tyndall e su quella finale che unisce la cima italiana a quella svizzera. Presenta magari del vetrato in qualche tratto ma in generale è da scalare in massima parte senza ramponi. Sia chiaro: ramponi e piccozza dovranno essere comunque presenti nello zaino! Non fidatevi di chi vi dirà di lasciarli giù. La piccozza poi sarà fondamentale lungo l’affilata cresta finale. Sì, lo so, molti si fermano sulla vetta italiana, ma la vetta più alta è quella svizzera, quindi per salire in cima al Cervino bisognerà arrivare fin là.

Per capire e analizzare lo stato della montagna, c’è una webcam perfetta, in alta definizione, con la quale è anche possibile visionare lo storico delle immagini e capire come il manto nevoso si evolve, come si sviluppa la coltre nuvolosa durante la giornata, insomma il massimo. Ecco il link: http://cervinia.panomax.com/matterhorn Si vede l’intera Cresta del Leone e zummando si possono osservare mille dettagli della via, si vede persino il Rifugio Carrel.

Se invece sei un “occidentalista”, te la cavi alla grande anche col misto o comunque non ti dà fastidio, puoi pensare di salire il Cervino per la Cresta del Leone da metà luglio a metà settembre.

Il meteo

Per affrontare la salita del Cervino per la Cresta del Leone in tranquillità, l’ideale sarebbero tre giorni di bel tempo: uno da sfruttare per la salita al Carrel e per la ricognizione della prima parte della via, uno per la salita alla vetta e uno di riserva. Non è bene salire in cima sapendo che sta per giungere una perturbazione, meglio avere un giorno di margine. Per le previsioni consiglio 3B meteo, impostato su Monte Cervino. C’è anche la app per cellulare, molto utile e gratuita.

All’ufficio delle Guide del Cervino, a Cervinia, possono dare indicazioni e valutazioni sul meteo e le condizioni della montagna. [+39 0166 948169; info@guidedelcervino.com] oltre che consigli di vario genere. Chiamate, sono molto gentili.

Cosa portare nello zaino per salire la Cresta del Leone in agosto?

Se salirai a fine agosto, quando sul monte non c’è più neve, preparati: dovrai caricarti sulle spalle molti litri di acqua, perchè nei pressi del Rifugio Carrel non ci sarà più neve da sciogliere. L’acqua potrà essere raccolta al Rifugio dell’Oriondè (privato) posto proprio sotto il Cervino a quota 2800 m circa, oppure potrai raccoglierla ancora più in alto, lungo la salita, presso il Sasso dello Zucchero, sotto il nevaietto della Testa del Leone (leggi la relazione della salita e scoprirai dove si trova).

Se invece ci sarà neve da sciogliere, tranquillo, basterà prenderla dal mega-pentolone adibito alla produzione di acqua che sta nella sala da pranzo del Carrel. Il Rifugio Carrel infatti è dotato di fornelli, gas, pentolame e tutto ciò che può servire per cucinare e – appunto – per sciogliere la neve in modo comunitario. La roba è piuttosto sporca ma ci si arrangia.

A parte l’acqua, la cui quantità da portare varierà in base a quanto detto sopra (ritengo che lungo la via – il giorno della vetta – sia necessario avere con sé almeno un litro e mezzo) e in base al numero di pernottamenti al Carrel che avrete pianificato (di solito 1 o massimo 2), ci sono molte altre cose che vanno portate assolutamente. Materiali per ciascun arrampicatore:

  • casco
  • lampada frontale con batterie nuove (si parte col buio e, in caso di emergenza, si torna col buio)
  • sottocasco leggero, da usare se tira vento o la mattina presto quando magari fa freddo
  • crema solare a protezione totale (siamo a 4000 m)
  • intimo tecnico termico a manica lunga
  • maglia tecnica a maniche corte
  • felpa in pile o wind stopper
  • giacca tecnica in gore-tex con cappuccio
  • piumino
  • pantaloni di media pesantezza (eventualmente sovrapantaloni in gore-tex)
  • calzini
  • scarponi tipo La Sportiva Trango S Evo, con suola semi-rigida, ottimi per arrampicare su difficoltà non troppo elevate e sufficientemente leggeri
  • guanti leggeri e guanti pesanti di riserva
  • imbragatura
  • ramponi
  • piccozza non eccessivamente lunga
  • corda singola da 60 m di diametro possibilmente contenuto
  • 3 moschettoni a ghiera
  • 10-12 cordini in kevlar o in nylon per cordata
  • 6 moschettoni singoli per cordata
  • 5 rinvii per cordata
  • 3-4 friend medi per cordata
  • longe
  • discensore (+ un discensore di riserva per cordata)
  • acqua
  • cibarie varie per la salita (barrette) e per la permanenza in rifugio (buste liofilizzate, frutta secca, Parmigiano, tè o caffè solubile, biscotti per la colazione)
  • saccolenzuolo (al rifugio le coperte abbondano)
  • fotocopia relazione della salita + disegno del tracciato
  • telefono cellulare (al Carrel di solito c’è campo)
  • macchina fotografica
  • kit di pronto soccorso (bende, garze, guanti in lattice, nastro adesivo, laccio emostatico, cerotti, ibuprofene 600, 2-3 aspirine per combattere la quota)
  • eventuali indumenti intimi di ricambio

Due parole sui guanti: quasi tutti salgono con i guanti, è bene saperlo. Si tratta di guanti non pesanti, che non tolgono troppa sensibilità. Possono anche essere usati quelli da lavoro in cotone e gomma, di quelli poco costosi che si usano per i lavori nelle celle frigorifere. Con 8 euro si comprano e vanno benone. Nello zaino ci saranno anche quelli imbottiti, ma da usarsi solo nel caso le condizioni lo richiedano.

Due parole su giacca tecnica, piumino e telo termico: non partite per la vetta senza questi indumenti nello zaino anche se le previsioni danno una giornata meravigliosa. In caso di emergenza (il meteo può sempre cambiare o potremmo noi restare bloccati sulla montagna) possono salvare la vita; se si dovesse alzare un po’ di vento potrebbero essere la chiave per arrivare in vetta. Il telo termico può salvare la pelle in caso di problemi e pesa pochissimo.

Due parole sulla corda: alcuni consigliano di portare una mezza corda da 60 m invece di una corda intera. Si può fare, a patto di usarla doppia, perchè generalmente si procede a 10-15 metri di distanza.

Due parole sulla dotazione alpinistica: c’è chi sale senza un friend. Io li porterei. Lascerei a casa invece i nut, sicuramente il martello e i chiodi. Imprescindibili ramponi e picca, utili molti cordini e moschettoni/rinvii, in modo da ritardare il più possibile il momento del ricongiungimento dei componenti la cordata per lo scambio materiali. Si procede infatti in conserva o a corda corta (vedi in seguito: la strategia giusta).

Il Carrel, che rifugio è?

Il Carrel non è esattamente un rifugio, ma non sembra neppure un bivacco, direi che è piuttosto una via di mezzo. E’ di proprietà delle Guide del Cervino, offre 50 posti letto, il pernottamento costa 15 euro a notte, e probabilmente dal 2019 prevede la prenotazione. La quota viene ritirata da una guida alpina, se presente, oppure va messa in apposito contenitore. La quota serve a finanziare la struttura ed in particolare il rifornimento del gas e la pulizia dei locali. Due parole sul bagno: si tratta di una turca con buco di diametro doppio rispetto al solito che si apre sul vuoto. La cacca si accumula lungo un tratto di parete mista a carta igienica, imbrattando e spandendo odori indescrivibili. Poi c’è sempre qualcuno che la fa a schizzo e quindi la spara direttamente sulle pareti del bagno o sulla turca stessa. Andarci è un’esperienza sicuramente formativa. Pretendere di meglio sarebbe però fuori luogo.

All’interno della zona notte le cuccette sono su tre livelli. Nella zona giorno ci sono 3-4 fornelli, molte pentole, la pentola grande per sciogliere l’acqua e una scorta di cibo lasciata da alpinisti vari. Ci si trovano poi bombolette di gas per fornelletti abbandonate e ancora utilizzabili. Tre larghi tavoli con panche permettono di cenare con comodo.

Visto dove sta, questo rifugio è una specie di miracolo. Dormire però è una vera impresa, vinta solo dai migliori. La notte è tutto un viavai di alpinisti che entrano e escono per la minzione oppure perchè arrivano tardi o escono prestissimo. Le guide impongono la sveglia non prima delle 4.30 del mattino ma quasi nessuno rispetta questa prescrizione. C’è chi parte già alle 3, chi alle 3 e mezza, chi dopo. Vige l’anarchia e forse è meglio così, perchè se ci si alzasse tutti alla stessa ora, poi ci si ritroverebbe intruppati e in coda. Partite scaglionati, è molto meglio.

Al Carrel ci si arriva in circa 4-5 ore dal Rifugio dell’Oriondè, lungo una traccia molto ben segnata fino al Colle del Leone e poi lungo una via da fare in cordata che segue paretine di II grado e corde fisse (anche “diaboliche”, come la Cheminèe), ma di questo parleremo alla fine.

Cresta del Leone: che strategia di salita adottare?

Se stai pensando di salire il Cervino facendo tiri di corda in alternata, toglitelo dalla testa. Il Cervino si sale per gran parte procedendo in conserva, media (10-15 m tra i due arrampicatori) o corta (2-3 metri). Si procede contemporaneamente, quindi: il primo piazza delle protezioni intermedie dove possibile, sugli ancoraggi fissi, sui canaponi, sui fittoni che si incontrano, sugli spuntoni che non mancano, o sfruttando le fessure con i friend. Il secondo recupererà tutto e cercherà di coordinarsi con la velocità e il ritmo del primo: parlarsi sarà importante per evitare di accelerare senza motivo o per evitare di lasciare pericolosi laschi di corda. Evitate i fuori giri, su un monte così alto, procedete piano ma senza fermarvi mai (o quasi). Evitate soste continue per fare tiri in alternata, per mangiare, per mettere e togliere indumenti, per bere (bevete, ma preferite un camel-bag così non dovrete fermarvi).

Se proprio non vi sentire sicuri, approntate una sosta (o sfruttate una di quelle già pronte) e fate un tiro di corda alla maniera tradizionale, ma poi riprendete la conserva media. Regolate la lunghezza della corda a seconda della situazione, riponendo l’eccedenza nello zaino o intorno al petto, al modo delle guide. Legatevi alla corda con un barcaiolo su moschettone a ghiera automatico, insomma fate pratica di questo tipo di progressione che sta a a metà strada tra l’andare slegati e il procedere uno alla volta.

Quando arriverete al Carrel, riposate un po’ e poi fate un salto a visionare la prima parte della via, possibilmente fino sotto la Gran Corda: la mattina dopo, al buio, saprete meglio procedere, sarete più rapidi e avrete magari avuto la possibilità di valutare eventuali errori. Non stancatevi troppo, però. La notte dormirete poco. Cercate soprattutto di dormire bene la notte precedente a quella che passerete al Rifugio Carrel, perchè là sarà dura riposare adeguatamente. E portatevi i tappi per le orecchie.

Il giorno della vetta alzatevi presto, senza esagerare, diciamo alle 4. Alle 4.30 sarete pronti per iniziare. A fine agosto c’è luce verso le 6 e quindi avrete circa un’ora e poco più di vantaggio sul sole.

Iniziate la discesa con l’idea di arrivare fino a Cervinia: si può fare ed è la soluzione migliore, ma se doveste essere indietro con i tempi, prendete in considerazione l’idea di tornare fino solo al Carrel e trascorrervi una seconda notte.

Come arrivare acclimatati

Se arrivi a Cervinia senza acclimatazione e ti lanci subito sul Cervino, magari sfruttando la funivia di Plain Maison, potresti incontrare dei problemi di acclimatazione, rischiando di vanificare la salita o di godertela solo a metà. Che fare? Per acclimatarsi, Cervinia è il luogo perfetto, perchè è equidistante dal Cervino e dal Monte Rosa. A sinistra hai il Cervino, a destra hai i primi 4000 del Monte Rosa, cioè i Breithorn, ottimi per l’acclimatazione e facili da salire (F e F+).

Se parti da lontano, direi di calcolare 6 giorni per la trasferta. Partenza da casa la mattina presto, arrivo a Cervinia non dopo le 14. Si prende la Funivia per il Monte Rosa entro le 15 perchè poi chiude, si salgono tre tronconi fino al Plateau Rosa e si dorme presso lo spartano Rifugio delle Guide del Cervino a 3500 m di quota (non ha moltissimi posti, meglio prenotare per tempo; portate acqua perchè lassù tutto costa caro). Il giorno dopo si parte alle 5 e si sale il Breithorn occidentale (circa 4160 m, due ore e mezza per la salita), si torna al rifugio e si permane in quota fino a metà pomeriggio, quando c’è l’ultima corsa della funivia per scendere. Non si torna a Cervinia ma si smonta al Plain Maison, si cammina un’ora e si arriva al Rifugio dell’Oriondè a 2700 m, dove si pernotta. Il giorno dopo, di buon mattino si parte per il Rifugio Carrel, dove si pernotta (3850 m circa). Il giorno dopo ancora si va in vetta e si torna al Carrel o meglio ancora a Cervinia.

Cresta del Leone, Cervino, tracciato via di salita
Cresta del Leone, Cervino, tracciato via di salita – foto di un poster presso il rif. Oriondè, in vendita a Cervinia a 15 €

Cresta del Leone: relazione della via di salita

Il primo salitore di questa storica via fu la guida italiana Jean-Antoine Carrel (Valtournenche, 16 gennaio 1829 – 25 agosto 1891) che la seguì per la prima volta il 17 luglio 1865, uscendo però per cengia a sinistra evitando quindi la parte alta che oggi viene percorsa con corde fisse e scala Jordan. Carrel “aveva fatto della conquista della Gran Becca lo scopo della sua vita e considerava la sfida a questa montagna come una faccenda personale. Tentò varie volte di avvicinarsi alla vetta, anche in compagnia dell’abbé Gorret e di suo fratello Jean-Jacques Carrel. Nel 1861 Carrel conobbe Edward Whymper, un giovane arrampicatore inglese anch’egli affascinato dal Cervino, che lo richiese più volte come guida e compagno di salita in vetta.” Tra i due nacque della rivalità che si ricompose solo dopo la conquista da parte dell’inglese della vetta. A Carrel il merito di aver percorso per primo la via italiana, più difficile di quella svizzera, due giorni dopo la scalata di Whymper.

Ogni tratto di questa via ha una storia e ha un nome. Preparatevi ad impararli, fanno parte del fascino stesso di questa salita: Enjambèe, Cheminèe, Mauvais pas, Arete du Coq, Linceul, Scala Jordan, Gran Corda, Corda della sveglia e tanti altri…

Relazione tecnica

Partendo da Cervinia (2000 m circa) si può usufruire della funivia per salire fino al Plain Maison (2548 m), sfruttando il primo troncone degli impianti e risparmiando circa 500 m di dislivello. Il costo è di una decina di euro e la salita prende un quarto d’ora. La prima corsa in agosto parte alle 7:15.
Dalla stazione a monte si prende il sentiero che per prati e detriti conduce banalmente al Rifugio dell’Oriondè, ex Duca degli Abruzzi, posizionato a circa 2800 m (ore 1.00). Avendo tempo, è consigliabile il pernottamento presso questo rifugio e la risalita a piedi da Cervinia, per favorire l’acclimatazione graduale del fisico (800 m di dislivello in salita, ore 1.30-2.00). Il rifugio è privato ma molto comodo, con bella vista sulla valle e sul soprastante Cervino.

Dal rifugio si prende l’evidente sentiero che risale in direzione della Testa del Leone (la bassa cima con nevai che sta a sinistra del Cervino) e che, dopo una cengia verso sinistra e un successivo breve pendio di rocce, porta alla famosa Croce Carrel (2920 m), posizionata esattamente dove morì il primo salitore della via italiana. Proseguendo oltre, sempre facilmente, si supera un salto roccioso grazie ad un canale obliquo, da destra verso sinistra, prima facile e infine con un passaggetto affatto banale agevolato da un cordino di nylon (II+), forse aggirabile passando più a valle.
Salendo ora facilmente per tracce, placche inclinate e brevi saltini, si arriva sotto un nevaio dove è presente una lapide ed è possibile fare acqua (Sasso dello Zucchero). Lo si supera a destra per una spalla rocciosa, sempre non difficile in condizioni asciutte e senza vetrato, fino sotto la parte sommitale della Testa del Leone che qui appare formata di rocce rotte. Si traversa ora orizzontalmente per sfasciumi e tracce verso il Colle del Leone (3581 m; ore 2.30 dal rifugio), possibilmente in velocità perchè qui il pericolo di caduta sassi è manifesto. Il procedere però è facile. Ancora un breve tratto di strada e poi sarà necessario legarsi in cordata.
Si traversa pochi metri a destra per aggirare un risalto di cresta e si prosegue tendenzialmente restando in versante sud lungo la cresta stessa, per tracce di sentiero, fino sotto una placca di II solcata da una fessura (pochi minuti). Qui la maggior parte degli alpinisti si lega, se non lo ha già fatto per comodità al colle. Superando questo tratto si arriva alla placca “Seiler” (II), oltre la quale iniziano le corde fisse che conducono sotto la parete di 15 m chiamata “Cheminée“, che una volta era in forma di diedro ma che ora si presenta così, dopo i crolli del 2003. Una corda fissa permette di superarla in sicurezza, anche se l’operazione può risultare faticosa, soprattutto negli ultimi metri e con lo zaino (c’è chi valuta questo tratto di III+ usando la corda – senza sarebbe sicuramente più arduo – ma io faccio fatica a dare un grado al mero trazionamento di braccia su un canapone). Sconsiglio però di salire senza il sacco e di recuperarlo poi, perchè la cosa è resa difficoltosa da un tetto. Ancora qualche placca solcata da corde fisse, un breve traverso sprotetto a sinistra dove si può trovare vetrato, quindi per tracce di passaggio e rocce si arriva alla Capanna Carrel (3835 m; ore 1.30 dal colle, ore 4.00 dal rifugio, ore 5-5.30 da Plain Maison).

Si oltrepassa il basamento rettangolare della vecchia capanna Luigi Amedeo (ora visibile a Cervinia presso l’Ufficio delle Guide) e ci si porta sotto la Grande Tour, che sovrasta il rifugio e dove parte una serie di corde fisse che permette di aggirarla a destra. La prima corda è famosa e si chiama “corda della sveglia“. Facilita alquanto il superamento di una parete verticale e di un tetto pronunciato. Si prosegue per placche attrezzate in diagonale verso destra. Le corde fisse conducono quindi più facilmente verso sinistra, per ghiaie in un canalino (attenzione a non smuovere sassi), quindi si va oltre un breve salto non attrezzato di pochi metri (II, sosta all’uscita) e ci si infila a destra in una caratteristica spaccatura, oltre la quale i canaponi riprendono ancora per breve tratto, permettendo di superare un camino. Se ne esce a destra per cengia, ma la si percorre solo per pochi metri, evitando di farsi invogliare dalle tracce evidenti che proseguono in piano, usate da chi è già sceso a corda doppia. Questo è un tratto che può far perdere del tempo se non si sta attenti. In corrispondenza di un ometto sulla cengia, infatti, la si abbandona, si imbocca in soprastante diedro roccioso appoggiato e al suo termine si prosegue in cresta verso destra (“Crête du Coq“), lungo una cengia che porta in breve alla placconata “Cretier” (fittoni, II+), da risalire diagonalmente verso destra, e che immette nel successivo tratto quasi orizzontale detto “Mauvais Pas“, esposto ma a mio avviso tecnicamente facile (molti lo gradano di III…). Molti fittoni permetto di assicurarsi con comodo. Oltre, si incontra una placca dove sono incise le iniziali di Whymper e Carrel (“Rocher des Ecritures“).
Da qui, traversando facilmente a destra, ci si porta verso il nevaio detto “Linceul“, che a fine agosto di solito non crea problemi. Un cavo metallico agevola l’operazione e conduce verso destra per rocce di II grado sotto una parete verticale dov’è stata posizionata una lunga catena detta “Grande Corde“. Su per essa, con fatica, si raggiunge il filo di cresta, che va seguito lungamente con difficoltà di I e II (alcuni spit e chiodi), stando attenti all’esposizione. In qualche tratto si va a sinistra o a destra, in base alle necessità, raggiungendo la cima del Pic Tyndall (4241 m) (sin qui, ore 3.30 dal Carrel).
La cresta successiva, che porta verso la Testa del Cervino, si presenta pressoché orizzontale, esposta ma non difficile, e può opporre tratti di misto e cornici. Al suo termine si scende verso il passaggio che effettivamente dà accesso alla Testa del Cervino, detto “Enjambée“, un intaglio espostissimo ma ben protetto con chiodi e spit in loco, che si caratterizza per la necessità di una larga spaccata.
Si sale ora per facili roccette, con andamento sinuoso ma non sempre chiaro, raggiungendo il “Col Félicité“, un terrazzino da cui parte la serie di corde fisse che portano in vetta. Il primo salto verticale è agevolato da un canapone, ci si sposta quindi verso sinistra per poi tornare a destra per cengia. Si supera un’altra paretina attrezzata arrivando ad un ripiano detritico, da cui, seguendo le fisse ci si porta sotto la famosa “Scala Jordan“. Si tratta di una scala di corda con pioli in legno che permette di superare un tratto di parete strapiombante assai faticoso, perchè la quota qui si fa sentire. Ad essa segue la “Corda Pirovano“, che facilita la risalita di un diedro e le ripide placche successive. Per una cengia evidente si va a raggiungere a sinistra il filo di cresta. Altre due corde fisse e un tratto in cengia permettono l’arrivo sulla vetta italiana (4476 m; ore 2.00 dal Pic Tyndall). Per raggiungere la cima svizzera, punto più alto del Cervino, si percorre verso est la cresta affilata e nevosa, dove l’attenzione deve essere al massimo data l’esposizione (altri 10 minuti dalla vetta italiana).

La discesa si svolge lungo la via di salita, sfruttando i numerosi ancoraggi già predisposti per le doppie. A molti richiede quasi lo stesso tempo della salita. Bisogna considerare la stanchezza e l’eventualità non infrequente che il cielo si sia nel frattempo rannuvolato, riducendo la visibilità.

Monte Cervino parzialmente innevato: tracciato della Cresta del Leone, via italiana.
Il Monte Cervino parzialmente innevato: tracciato della Cresta del Leone, via italiana; fotografia di dettaglio di un bel poster in vendita a Cervinia

VEDI ANCHE:

Vie classiche in Dolomiti: https://www.abcdolomiti.com/argomenti/via-alpinistica/
Escursioni, vie normali e ferrate: https://www.abcdolomiti.com/argomenti/escursione/
News dal mondo alpinistico: https://www.abcdolomiti.com/argomenti/news/
Problema zecche: https://www.abcdolomiti.com/varie/problema-zecche-dolomiti/
Le più belle immagini delle Dolomiti: https://www.abcdolomiti.com/argomenti/immagini-video/

Luca Bridda

Fondatore di www.abcDOLOMITI.com, laureato in economia con master, lavora da 20 anni nel settore human resources e nel settore web marketing/vendite. Ha pubblicato articoli per le più note riviste dedicate alla montagna e all’alpinismo, è appassionato da trent'anni di alpinismo e arrampicata sportiva. Ha pubblicato una guida escursionistica, una guida di arrampicata sportiva, un libro di racconti dedicati alla montagna, e ama dipinge montagne https://www.abcdolomiti.com/varie/disegni-e-dipinti-di-paesaggi-montani-luca-bridda/

28 pensieri riguardo “Salita del Cervino (Cresta del Leone): tutte le informazioni

  • Alessandro

    Utilissimo e dettagliato articolo! Complimenti…

    Rispondi
  • Complimenti!
    Una guida ben fatta, dettagliata, intelligente e piacevole da leggere!

    Rispondi
    • Grazie mille, Sergio e Alessandro, ho solo riversato in queste righe la mia esperienza sul campo, i ragionamenti fatti prima e dopo, le molte info raccolte.

      Rispondi
      • Bella descrizione. Si può salire in solitaria?

        Rispondi
  • La relazione mi sembra fatta bene ma forse è un po’ esagerata l’attrezzatura consigliata, direi un po’ troppo abbondante. Infine, se la montagna viene a te e tu non sei Maometto vuol dire che è una frana o una slavina: questo mi ha insegnato salire sul Cervino.

    Rispondi
    • Ti ringrazio, direi che se sei esperto di questi terreni puoi effettivamente portar su meno roba, sono d’accordo.

      Rispondi
  • Un Utente mi ha contestato la frase “molti si fermano sulla vetta italiana, ma la vetta più alta è quella svizzera, quindi per salire in cima al Cervino bisognerà arrivare fin là”.

    Rispondo semplicemente che non sono io che decido qual è la cima di una montagna, cioè il punto più alto. La cima è una sola, e per fortuna, così almeno su un fatto si potrà essere tutti d’accordo, foss’anche di solo due metri più alta di una qualsivoglia pre-cima o anticima o risalto di cresta o come vogliamo chiamarla. Il discorso è tanto più alpinisticamente valido se, per guadagnare quei pochi metri in più, ci sono ancora delle difficoltà oggettive da superare, come appunto sul Cervino, determinate dalle condizioni della montagna (innevamento o ghiaccio), da quelle meteo (vento) o da quelle tecniche (esposizione) o da quelle soggettive (“sono cotto, voglio tornare giù e basta”).

    Questi discorsi, chiariamolo bene, valgono se uno si alza al mattino e vuole salire in cima ad una montagna. Se uno, invece, legittimamente, si alza e decide di scalare una qualsivoglia parete che non porta da nessuna parte oppure decide di fare un viàz, cioè una cengia, o desidera fare un tratto di alta via che collega forcelle e creste o che so io, è libero di divertirsi come crede e trovo questo genere di attività del massimo interesse e della massima soddisfazione.

    In ogni caso sono ovviamente consapevole che tra la vetta italiana e quella svizzera c’è poca differenza e quindi non è un dramma se uno si ferma prima (ma allora perchè non fare quei pochi metri in più?)…Siamo qui per divertirci.

    Rispondi
  • La parte dell’articolo riservata alla capanna Carrel è geniale, non ho smesso di ridere per 15 minuti, fantastico

    Rispondi
  • Luigi Benigno

    Complimentissimi Sig. Bridda , articolo e descrizione FORMIDABILE!!!!!!!!!!!!! Chapeau!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    Cordiali Saluti.

    Rispondi
  • Ernesto Vittori

    Bellissima descrizione, utile soprattutto per quelli come me che non sono mai stati in alta montagna. A questo proposito vorrei sapere, se possibile, dove si possono affittare gli attrezzi e magari gli scarponi ramponabili per i miei non lo sono.

    Rispondi
    • Ti ringrazio Ernesto, però da quanto scrivi mi pare che forse dovresti fare un po’ di esperienza prima di puntare al Cervino, montagna che presenta diverse insidie, tanto è vero che sulle sue vie comuni sono morte tante persone…Mi pare strano ad esempio che tu non abbia neppure l’attrezzatura…
      Il Cervino è montagna da non sottovalutare, poi vedi tu.
      Luca

      Rispondi
  • Pier-Francesco tonini

    Descrizione che realizza pienamente tutta l’ impresa, perche’ di impresa si tratta. Quello che ho trovato incredibile e’ tutto il pietrame che si trova sul percorso, a mio avviso, molto pericoloso, tanto da dubitare sugli appigli stessi. Sembrano pietre appoggiate. Riguardo al gabinetto del rifugio Carrel, mi ha ricordato quello di Punta Helbronner e probabilmente, come tutti quelli in quota. Peccato, confronto al candido manto nevoso. Arriveremo sicuramente al trasporto a valle in contenitori con l’ausilio di elicottero. Ringrazio nuovamente.

    Rispondi
  • Bronzini Mirella

    Domanda: a cosa serve essere legati, quando un qualsiasi errore porta giu’ anche l’altro? Parlo nei punti dove non sei ancorato con moschettone a punti fissi sulla roccia. Infatti la dottrina e’ divisa in opinioni contrastanti. Come La pensa in proposito? Mi farebbe piacere un Suo parere. Grazie.

    Rispondi
    • Salve Mirella. La progressione in conserva richiede grande attenzione e il rispetto di alcune regole fondamentali (giusta tensione della corda, distanza ottimale in base al terreno, punti di assicurazione intermedi), altrimenti può essere controproducente. Il suo utilizzo va valutato in base al terreno e all’esperienza della cordata. È comunque un tema sul quale le apinioni non sono sempre univoche, mi pare.
      Sul manuale del Cai e su un documento pdf delle Guide Alpine che si trova in rete, è spiegato bene quando applicare, e soprattutto come, questo tipo di progressione. Poi ognuno sceglie per sé.

      Rispondi
  • Enrico Maria Zanetti

    Fai venir voglia di scalare il Cervino!

    Rispondi
  • Grazie Luca della tua relazione, veramente ben fatta ed esauriente, il Cervino è il mio sogno, però sono un po’ arrugginito sono anni che non salgo sopra i 3000, non tanto fisicamente ma più che altro tecnicamente, penso di affidarmi a una guida del Cervino (anche se la spesa non è indifferente, tu che ne dici?). Grazie della tua risposta.

    Rispondi
    • Ciao Paolo, ti ringrazio, sei molto gentile.
      Per quanto riguarda l’affidarsi ad una guida, che posso dire? Sono talmente brave che è come stare in una botte di ferro, e nel tuo caso da quel che mi racconti mi pare una scelta saggia.
      Più in generale, direi che io personalmente preferisco allenarmi e prepararmi prendendomi il giusto tempo e fare da me, trovo il tutto più stimolante e di maggiore soddisfazione, piuttosto che avvalermi della assoluta professionalità di una guida, e al limite anche rinunciare all’obiettivo, piuttosto che farmi portare su, ma credimi che è solo una questione di opinioni e non c’è un giusto ed uno sbagliato.
      Buone salite!

      Rispondi
  • Stefano Bodini

    Grazie Luca, relazione ponderata ed interessante. Siamo arrivati ieri, io e mio fratello, sino al Pic Tyndall, solo che, partendo opportunamente alle 4.15 dalla Carrel ed arrivando in cima al Pic Tyndall alle 8.40 (cioè “solo” un quarto d’ora dopo le 3 ore e trenta da te indicata), vedendo che sulla via stazionavano una quantità impressionante di persone (esattamente come quelle che ci hanno costretto ad accodarci sia sulla Corda della Sveglia, sia sulle Placche Cretier, sia sulla Grand Corda), ho “costretto” mio fratello a desistere dal proseguire (cosa che probabilmente pagherò a lungo), sulla base di un ragionamento logico: 4 ore ed un quarto sino a qui, almeno due ore, due e mezza fino alla cima, significano quindi 7 ore (la discesa richiede il medesimo tempo della salita, se non si è soli) per rientrare alla Carrel (e quindi diventano se va bene le 18, 18.30). Alla Carrel non si può pernottare se non si è prenotato e quindi non è certo che ti ospitino e quindi occorre scendere verso l’Oriondè con almeno due ore e mezza di percorso ancora complicato e cui prestare attenzione (Cheminèè, Prima e Seconda Corda e traversata dal Colle del Leone alle rocce più facili del nevaietto sospeso) sicuramente al buio, il tutto per una durata complessiva di almeno 16 ore (!!!!). Quindi o noi abbiamo sbagliato qualcosa, oppure la gente che sale rischia troppo (Polacchi, Rumeni, Russi, partono tranquilli, sono mediamente incapaci e rientrano alla Carrel a mezzanotte , l’una svegliando tutti). Probabilmente non sbaglia chi parte all’una o alle due (parlo ovviamente di cordate senza guida). Comunque Luca, grazie ancora perchè la tua relazione è veramente preziosa.

    Rispondi
    • Ciao Stefano, ti ringrazio molto per il commento! Penso però che se arrivi alle 8.40 in cima al Pic Tyndall secondo me sei messo bene; io non sarei tornato indietro, con una giornata con meteo stabile, sono sincero. Poi chiedo ad altri lettori, che magari hanno un’opinione diversa… Ovviamente non ho idea del livello di “traffico” che hai incontrato tu.

      Rispondi
  • Bello e interessante. Per chi come me la cima la vede da sotto quando viene d’inverno a sciare, è una sorgente di fantasie irrealizzabili. Sono della scuola che la montagna a questi livelli appartiene solo ai professionisti (come voi) e non a chi pagando pensa di esserlo. La montagna esige rispetto. Quindi grazie di avermi “portato” su quelle vie di salita e ai rifugi (tipo il Solvay) di cui leggerò sempre con piacere i racconti.

    Rispondi
  • carmine lanni

    Ciao Luca… bellissima relazione, molto dettagliata. Mi chiamo Carmine e sono sempre stato un podista maratoneta ma da circa 10 anni mi sono appassionato alla montagna. Amo le ferrate in modo particolare perche’ vivendo a pochi km dal Gran Sasso ho avuto modo di provarle. Negli ultimi anni ho fatto la Tridentina (val Gardena), la Torre Toblin (Tre Cime di Lavaredo), la ferrata delle Aquile e l’anno scorso la ferrata degli Alleghesi (monte Civetta). Ho fatto anche Capanna Margherita (monte Rosa). Questo inverno ho iniziato con l’arrampicata e a Marzo dovevo iniziare un corso, ma questo maledetto virus ha bloccato il mondo. La domanda che volevo farti e’ questa: con il mio bagaglio di esperienza potrei fare la Cresta del Leone (con la guida)?
    Perche’ molti miei amici rocciatori mi dicono essere molto impegnativa e che pur avvalendosi di una guida, serve saper fare delle manovre quale scendere in corda doppia ecc. (che comunque potrei imparare nel frattempo).
    Grazie.

    Rispondi
    • Ciao Carmine, sinceramente io non punterei al Cervino prima ancora di aver fatto una doppia, con o senza guida. Ovviamente non sono una guida e quindi non posso rispondere al posto loro.
      Approfitto però del tuo commento per mettere nuovamente in guardia chi da inesperto voglia fare la Cresta del Leone. È una via seria e soprattutto su una montagna pericolosa. Va affrontata preparati, sicuri del fatto proprio, con una buona esperienza di vie su roccia e misto, molto ben allenati. Con le ferrate questa via non c’entra assolutamente nulla.
      Le guide sono talmente in gamba che possono portare in cima anche persone che altrimenti mai ce l’avrebbero fatta da soli, ma sono certo che richiedano un livello minimo di esperienza e competenza alpinistica, per la propria e l’altrui sicurezza. Sentine una, spiega il tuo curriculum e senti cosa ti consiglia 🙂
      Un saluto.

      Rispondi
  • Buongiorno Luca, e intanto ti faccio i complimenti per questa bella, completa e piacevole da leggere relazione!! È qualche anno che “punto” , insieme ad alcuni amici, la salita dalla cresta del Leone. Ti volevo chiedere un consiglio, visto che nelle tante relazioni che si trovano in giro, o nelle chiacchiere “da rifugio” ci sono alcuni pareri diversi. Partendo dal presupposto che ogni montagna fa storia a sé e non è comparabile con altre, le difficoltà “arrampicatorie” della cresta del Leone possono essere paragonate a quelle della cresta del soldato (p. Giordani) o a quelle dell’hintergrat (Ortles) ? Sono le mie ultime due creste e volevo capire quali differenze tecniche e di grado ci sono, aldilà della quota e dell’avvicinamento.

    Rispondi
  • È passato un po’ di tempo ma meglio tardi che mai… Innanzitutto complimenti per la relazione accurata e dettagliata! Onestamente, però, leggendo vari commenti mi sale una sensazione mista fra sgomento e rabbia… e forse avrai già capito il perché! Resto basito da quanti leggono la favola e si fan prendere dall’entusiasmo credendo che basti un po’ di allenamento e soprattutto una guida per salire su quello che è stato l’ultimo 4mila delle Alpi ad essere conquistato poco più di 150 anni fa!
    Un po’ quello che si vede in giro fra merenderos della domenica e chi fa una brutta fine mettendo anche a rischio i soccorsi! Io consiglio a sta gente di informarsi NON sul Cervino ma prima sull’alpinismo in generale almeno per capire di cosa parliamo! Personalmente la Gran Becca è stata la mia 25esima over-4000 eppure mi tremavano le gambe solo a guardarlo da Cervinia seppur preparato sia fisicamente che spiritualmente!

    Rispondi
    • Mentre andavo alla Carrel, 50 m sotto di me e un’altra cordata, è morto un polacco, non aggiungo altro. Un’altra volta mentre ero in ricognizione sopra la Carrel, è sceso uno infortunato ed è stato raccolto dall’elicottero.

      Rispondi
  • Francesco

    Ciao Luca,
    molto bella e dettagliata la descrizione che hai fornito!
    Ritengo inoltre fondamentale sottolineare ripetutamente, come hai fatto tu, che non si tratta di una montagnetta qualunque.
    Ti chiedo una cosa inerente alla discesa (se mai dovessi trovare tutte le “coincidenze cosmiche” necessarie per provare a salire questa montagna): è sempre sufficiente fare doppie da trenta metri per evitare i tratti più ostici?

    Grazie e complimenti!
    Francesco

    Rispondi
  • Siro Colesso

    Grande Luca, relazione veramente ben fatta, dà un’idea precisa di quello che si andrà ad affrontare, di come muoversi e di cosa conviene portare. Una chicca poi la descrizione del Carrel, sai già cosa aspettarti e quindi inutile lamentarsi. Penso che il maggior ostacolo alla riuscita dell’impresa sarà proprio la tappa bagno. E a 4000 lo stomaco non è che va sempre via liscio liscio. Grazie per il prezioso lavoro, scritto molto bene.

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.