Monte Pelmo via normale
Il Monte Pelmo è uno dei più poderosi colossi delle Dolomiti. S’innalza possente al centro di uno spazio ampio e libero, separando la Val del Boite dallo Zoldano, ed è quindi anche un punto panoramico tra i migliori.
Per la sua forma caratteristica è sempre ricordato come “al Caregon de ‘l Padreterno”, cioè il trono di Dio, e oppone al pretendente una via normale che non va assolutamente affrontata con leggerezza, sia per il notevole dislivello, sia per le difficoltà tecniche, sia per l’esposizione costante sulla Cengia di Ball, la quale consente l’accesso al largo circo glaciale che poi porta fino quasi in vetta. La salita alla cima risulta nel complesso molto interessante, grazie agli scorci che si possono godere lungo la cresta finale e all’incredibile ambiente della cengia intitolata a Sir John Ball, primo salitore della montagna e famoso pioniere dell’Ottocento.
Quando ancora di montagna sapevo poco e nulla, questa cima era per me la più bella e desiderabile, e difatti la salii già alla mia nona escursione assoluta, quando la montagna più alta su cui ero stato misurava i 2000 metri del Serva. Ero un pivello e, pur essendomi informato, non potevo figurarmi cosa mi avrebbe riservato la Cengia di Ball. Fu – allora – assai impegnativo farsi coraggio lungo quei baratri fatti apposta per spaventare, ma alla fine mi ritrovai lassù, sulla terza cima della mia vita e sulla prima grande montagna! Che ricordi…
Zona: Dolomiti di Zoldo
Dislivello in salita: 1600 m
Difficoltà via normale Monte Pelmo: F+; qualche passo di I e un passo di II+.
Tempi: 6.30 per la salita.
Cartina: Carta Topografica Tabacco 025 – DOLOMITI DI ZOLDO, CADORINE E AGORDINE
Relazione della via normale al Monte Pelmo
Da Zoppè di Cadore, in Val di Zoldo, si guida l’auto fino alla stradina militare che inizia sotto le balze del Col de la Viza, dove si trova il cartello di divieto di transito (1550 m). Si percorre a piedi la strada sterrata contrassegnata dal segnavia CAI 456 fino ad un bivio, dove si prende la strada a sinistra per il Rifugio Venezia (1946 m; indicazioni), al quale si giunge in non più di due ore. Si è così proprio sotto al Monte Pelmo, che qui tutto sovrasta.
Risalendo verso nord-ovest il ghiaione dietro il rifugio, si arriva in meno di 20 minuti alla paretina di attacco, ben segnata, che introduce nel regno magico, ma anche piuttosto scabroso, della Cengia di Ball. In continua esposizione (molto utile per i meno sicuri uno spezzone di corda di qualche metro e due-tre moschettoni per sfruttare i “quattro” chiodi piantati nei punti più ostici) ci si dirige per cornici più o meno ampie verso sud, seguendo l’andamento di 3 ampie rientranze della parete (il punto più difficile è il famoso Passo del Gatto, II+). Si ha così accesso al Valòn del Monte Pelmo, detritico e solcato da una traccia che va lungamente e facilmente seguita.
Una fascia rocciosa si supera agevolmente sulla destra per gradoni e in questo modo si accede al Vant superiore, ove resiste un piccolo nevaio. A questo punto, sempre seguendo gli ometti, ci si porta diagonalmente verso sinistra, fino al ciglione occidentale dove questo forma una sella tra la vetta e la spalla sud-ovest (quota 3000 m circa). Infine si segue la non difficile cresta del monte, poco sotto il filo a destra, per gradoni rocciosi e brevi cengette; si supera un tratto non banale (I+) e si sbuca in vetta al Monte Pelmo (3168 m; ore 6.30 complessivamente dal parcheggio).
Il Pelmo è un colosso e la sua via normale regala tantissimo. Ci si sente in alto, lassù, per lo meno rispetto alla sensazione che si percepisce di solito sulle cime dolomitiche. Alle volte sul Passo del Gatto qualcuno lascia una corda fissa per agevolare se stesso e i successivi percorritori, qualcun altro la rimuove, preferendo – secondo me giustamente – che tutto sia senza attrezzature fisse. Quando passai io la corda non c’era, altri la trovarono.
Bellissima la salita dal rifugio Venezia. Partenza ore 6.00. In quattro ore e mezza siamo arrivati in vetta. L’ho sempre guardato con timore dal Civetta. Mi impressionava la sua maestosità… Finché mi sono deciso. Una sfida. La sua imponenza ti appare da subito e la sua tenacia te la mostra piano piano man mano che si procede. Ma ci si arriva. Altra cosa è la discesa. Molto dura e stancante sul vallone. Ma l’emozione che ti regala ripaga ogni fatica.