Arrampicata sportiva sul Torrione Stogaj, Isola di Pag/Pago – Croazia
Rivista Pareti n. 55 : “Arrampicata sportiva sul Torrione Stogaj nell’Isola di Pag/Pago (Croazia)” – articolo di Luca Bridda
Testo di Luca Bridda
Foto di Lorenzo Del Terra
[testo in versione integrale rispetto a quello pubblicato sulla rivista Pareti]
Il breve viaggio sull’isola di Pag (Pago), in Croazia, fu per noi una scommessa giocata all’insegna dell’improvvisazione. Eravamo in inverno, pioveva, faceva freddo…ed il meteo prometteva tutto questo anche per i due giorni successivi. Eppure partimmo ugualmente.
Per noi arrampicatori la meta principale era rappresentata dallo Stogaj, un torrione che si affaccia arditamente sul mare e caratterizza in maniera inconfondibile la grande baia della cittadina di Pag, al centro dell’isola. Lo avevamo visto in una sbiadita foto in bianco e nero sulla guida di Boris Cujic (“Croatia, 50 climbing sites”, ed. Sidarta) e finalmente eravamo decisi a trovarcelo davanti agli occhi. Eravamo in 5, su due auto piene di corde e rinvii, con tende e sacchi a pelo al seguito nonostante la stagione invernale.
In viaggio verso il deserto
La mattina di un sabato di due anni fa partimmo da Trieste verso Fiume, tagliando di netto tutta l’Istria, e proseguimmo lungo la costa, verso sud, sempre accompagnati da una fitta coltre di nubi e da un mare grigio piombo. Le isole che si scorgono nel Golfo del Quarnero, scendendo lungo la panoramica strada costiera, hanno tutte un loro fascino particolare: sono la selvaggia Cres (Cherso), la rinomata Krk (Veglia), le piccole Prvic, Sveti Grgur e Goli Otok, e la bella Rab (Arbe). Si tratta di luoghi ancora per lo più non banalizzati dal turismo di massa e, soprattutto, circondati da un mare di straordinaria bellezza.
Proseguimmo ancora più a sud, per quasi 200 km in totale, sino a Prizna, ove si trova il punto d’imbarco del traghetto. Pag appariva al di là del braccio di mare e mostrava già chiaramente la sua caratteristica principale: tutto il versante esposto ai venti di Bora è un’assoluta desolata pietraia, ove non può attecchire nemmeno un filo d’erba. Lo spettacolo è incredibile, è come trovarsi dinnanzi ad un deserto, è la rappresentazione stessa del potere della natura, che fa del territorio ciò che vuole, lo rende vivo oppure sterile, lo priva di ogni pur piccolo granello di terra, lo secca, lo piega.
Si sbarca dalla nave dopo 20 minuti e ci si ritrova là, a guardarsi intorno, senza vedere altro che sassi chiari, bianchi e gialli; solo pietra, solo desolazione. La meraviglia è tanta! Dopo pochi tornanti si raggiunge un punto più rialzato e si comprende subito come tutto il versante est sia arido, mentre tutte le zone a ovest, sottovento, siano al contrario verdi e macchiate di vegetazione mediterranea. Il confine è sempre netto, senza compromessi.
Il reticolo formato dai muri a sassi, invece, è ciò che più d’ogni altra cosa dà l’idea del lavoro e del sudore di questa gente. Si estende per centinaia di chilometri, è onnipresente. Segna i pendii come un sistema circolatorio, delimita le proprietà, protegge dal vento e incanala le greggi. Non c’è dubbio: le immense pietraie brulle ed i muri a secco s’imprimono nella memoria del viaggiatore più di qualunque altra cosa, su quest’isola.
Lungo le strade, ondulate e strette, alle volte sterrate e sconnesse, circolano molte auto scassate, su cui domina la mitica Renault 4, vera regina del fuoristrada alla buona. Molte case sono vecchie e tradizionali ma troppo spesso, purtroppo, ad esse si aggiungono costruzioni frutto di speculazioni selvagge, senza gusto e rispetto per i luoghi, di frequente ancora da ultimare.
L’isola, il cui nome deriva dal latino “pagus”, è collegata alla terraferma anche da un ponte costruito nella parte sud-est per velocizzare la viabilità verso Zara e Spalato, e si estende soprattutto in lunghezza, per quasi 60 km. Presenta una costa assai articolata, ricca di baie e golfi. La città di Pag fu fondata nel 1443 e si sviluppa attorno alla piazza principale dove sorge la basilica gotica di S. Maria, il cui rosone centrale ispira i famosi merletti, uno dei prodotti caratteristici dell’isola insieme a formaggio e sale. Tutto intorno si irradiano suggestivi vicoli lastricati.
Vista la pioggerellina che impediva ogni velleità arrampicatoria, ci dirigemmo proprio verso Pag città, il borgo turisticamente più interessante. Tra una passeggiata, una sosta in un bar ed una cena al ristorante, si fece notte. Considerata la nostra avversione per gli alberghi e la difficoltà a trovare affittacamere in questa stagione, da veri selvaggi cercammo nella notte una piazzola per la tenda, a lato strada. La mattina dopo, sia le pecore che i passanti furono sorpresi nel vederci sbucare dal nostro igloo Ferrino color argento, in mezzo alle case.
Un totem a guardia del golfo
Il tempo intanto era migliorato e quindi ci spostammo verso il torrione. Per raggiungerlo, dal paesino di Metajna (a 12 km da Novalja) bisogna guidare per mezzo chilometro lungo una strada sterrata sino al parcheggio nei pressi del ristorante Konoba Kanjon (indicazioni) e di qui proseguire a piedi, prima su terreno paludoso e poi per una pietraia stupendamente affacciata su spiagge da sogno. La leggera traccia prosegue per 400 m circa a mezza costa, con il mare sulla destra ed il torrione di fronte.
Dopo una quindicina di minuti si giunge sotto lo Stogaj, alto 60 metri, ritto sull’attenti come un gendarme che sorveglia il golfo. La roccia del torrione e delle pareti all’intorno è veramente stranissima. E’ un calcare dalle tonalità quasi rosate in certi punti, infarcito di fossili, la cui genesi geologica e l’azione della Bora hanno lavorato e cesellato meravigliosamente. E’ tutto inciso da solchi che si intersecano, che isolano porzioni di roccia di non più di 20 cm di lunghezza. Sembra un gruviera, è come la pelle secca e screpolata di un animale. Buchi, “vasche” e “maniglie” abbondano ovunque. Difficilmente i tiri possono andare oltre un certo grado perché, anche sul verticale, le placche non ci sono, c’è solo questa roccia lavoratissima ed appigliatissima che rende tutto semplice, immediato, anche un po’ monotono se vogliamo.
Delle 5 vie a spit che salgono in vetta, due si trovano in versante est e si percorrono con due o tre tiri di corda; le altre tre partono sul lato opposto e sono dei lunghi monotiri di 40m tra il 6a e il 6c+. Dall’ampia cima sassosa ci si cala con una doppia nel vuoto e si prosegue a destra sino agli attacchi (un passo di II).
Al nostro arrivo sotto lo Stogaj, oltre al freddo e all’umidità, si presentò all’appello anche la Bora. Piano piano il vento salì, ululando, e si abbatté con raffiche sulle nostre giacche tecniche e sulle nostre povere mani, rendendole sempre più rugose alla stregua della roccia stessa del torrione. Divisi in due cordate affrontammo le due vie lunghe della parete: quella di destra, di due tiri, si chiama “Stigma” (all’uscita fare attenzione allo spigolo tagliente del pianoro sommitale); quella di sinistra consta di tre tiri rispettivamente di 5b, 5c, e 5a, e si chiama “La vida loca”. Consiglio di stare attenti a qualche spit invecchiato precocemente dalla salsedine e ad alcuni appigli mobili, anche se in generale la roccia è ben salda e piacevole al tatto. In estate, infine, con il caldo e la mancanza d’ombra, le condizioni per arrampicare sono tutt’altro che ideali.
Qui non venimmo certo per fare vie dure, con quel freddo poi… L’obiettivo era solo salire questa scultura di pietra e arrivare in cima, alla faccia delle intemperie, per ammirare il panorama mozzafiato che la vetta regala. Ricordo un’atmosfera particolare, lassù, creata dalla forza del vento, dai continui sballottamenti provocati dalle raffiche, dal panorama desertico a perdita d’occhio, dal colore grigio e blu scuro del mare e del cielo.
Sicuramente qua sopra si deve salire solo per il panorama, il resto conta poco.
Le vie dello Stogaj
– parete di sinistra (da sinistra):
1.Shark 6a+ (40 m)
2.Starec in morje 6a (40 m)
3.Po starom morskom dnu 6c+ (40 m)
– parete di destra (da sinistra):
1.La vida loca 5b, 5c, 5a (60 m)
2.Stigma 5b, 5a (60 m)
Rispetto al nostro viaggio di alcuni anni fa, sullo Stogaj è stata tracciata una manciata di nuovi monotiri, segno che il lavoro di chiodatura è ancora in progress. In particolare, segnalo una variate al primo tiro della via “La vida Loca”, sempre di 5b, che corre poco più a destra del tiro preesistente. Gli altri 3 monotiri sono sul versante non visibile negli schizzi. Maggiori info sulla nuova edizione della guida di Cujic.
INFO TRAGHETTI: il collegamento tra l’isola e la terraferma è molto buono: dal 30 maggio fino al 30 settembre, infatti, i traghetti sulla linea terraferma (Prizna) – isola di Pag (Žigljen) viaggiano giorno e notte non-stop. Durante il resto dell’anno, invece, i traghetti fanno la spola circa ogni ora e mezza dalle 5:30 alle 22:30. Per conferme su orari, periodi e prezzi, vedere il sito: www.jadrolinija.hr
Bibliografia
– “Croatia, 50 climbing sites” di Boris Cujic, Casa Editrice Sidarta, Lubiana, 1997 (n.e. 2006). Guida molto curata sulle falesie di Istria, Velebit, Dalmazia e isole, litorale adriatico croato, dintorni di Zagabria ed entroterra croato. Descrizioni in quattro lingue: croato, inglese, tedesco e italiano. Mappe e schizzi dettagliati delle falesie.
– sito internet www.croaziainfo.it