Tech

Test: Pantera Velcro di Wild Climb

Questo è il secondo paio di scarpette d’arrampicata che testo. Il primo paio lo comprai: erano le gettonatissime Pantera nell’originale versione rossa. Queste invece me le ha spedite direttamente per questo scopo la casa produttrice. Sarò più obiettivo o meno obiettivo?
Le ho ricevute in omaggio, quindi potrei essere portato ad un atteggiamento meno severo. Per contro è pur vero che, quando si compra qualcosa sborsando dei soldi, poi si cerca inconsciamente di concentrare l’attenzione sugli aspetti positivi: a nessuno piace ammettere di aver buttato dei soldi.

Apro la scatola di cartone e noto subito che alle scarpette è fissata una targhetta che riporta l’”approved” del sito patologia-arrampicatoria.it, che attesta l’idoneità dei materiali nel prevenire stress compressivi puntiformi e in generale problemi correlati allo stress indotto sul piede. Un buon biglietto da visita, direi.

Tolgo dall’involto di carta le Pantera Velcro e le rigiro in mano: pesano molto poco, solo 250 g il 40,5…meno di buona parte della concorrenza. Il peso delle calzature non farà grande differenza in arrampicata, ma è meglio che pesino di meno piuttosto che di più. E sono anche piuttosto belle: WildClimb guarda da sempre più alla qualità che all’estetica, un po’ come faceva fino a qualche tempo fa la Saucony, storico marchio di scarpe da corsa di cui sempre si diceva che era più brava a fare che a vendere scarpe. Ora non è più così, nemmeno per WildClimb, che in Italia nelle vendite è ormai seconda solo a La Sportiva. In falesia è tutto un pullulare di Pantera, ve ne sarete accorti…

Noto il disegno laterale stilizzato (ricorrente in quasi tutti i modelli della casa), che graficamente non mi piace ma che attiene ai gusti personali, e apprezzo l’abbinata di colori davvero azzeccata, che con gli inserti di gomma nera donano nell’insieme al prodotto una freschezza che lo rende piuttosto originale.
Noto immediatamente che anche qui, come nelle Pantera rosse, sono presenti i tagli di scarico in corrispondenza dell’articolazione dell’alluce. Si tratta di due taglietti sulla gomma che fanno sì che il materiale ceda qualcosina proprio in quel punto, per dare sollievo esattamente dove più serve.
La tomaia è composta dalla rinomata microfibra WildClimb, bicomponente e a fibre incrociate, che sta facendo la fortuna del marchio per la comodità di calzata che dona al climber. Uso le Pantera e quindi lo so bene. Il materiale garantisce il meglio delle caratteristiche della pelle (non puzza, si adatta alla forma del piede) e del sintetico (non cede col tempo, ma anzi, si adatta al piede durante la calzata per poi “tornare indietro” alla condizione precedente).

Allento i due velcro opportunamente contrapposti e infilo l’avampiede, comprimo le dita e poi tiro le due asole posteriori, perfettamente posizionate, sentendo subito quell’auspicabile risucchio sul tallone che segnala l’ingresso completo del piede nella scarpetta. Non sento spazi vuoti, forse un millimetro sul tallone ma dipende dal piede di ciascuno di noi, e soprattutto sento che la tomaia fascia a pennello comprimendo “decisamente ma gentilmente” il piede, arcuandolo ma senza esagerare. Caspita, il piede è compresso ma è al contempo comodo. La scarpa si è adattata e la sensazione migliora col passare dei secondi. La definirei una “comodità costretta”; già la conoscevo, eccola di nuovo qua.
Non è solo merito della tomaia: le cuciture sono ultrapiatte e la forma è da scarpetta top ma senza esagerare. Ti incurva il piede ma non te lo stravolge, non lo snatura: piuttosto ne educa la forma, direi.

La punta è precisa, si sente il sostegno ma si può appoggiare in spalmo senza difficoltà, sicuramente in questo la mezza suola dà il suo contributo. C’è un buon compromesso tra sostegno e sensibilità, quindi.
Intuitiva è la trazione laterale di punta, come facilitato dalla gomma laterale è l’appoggio esterno, tipico di molti passaggi boulder. Non c’è scasso nell’avampiede e il tallone è innovativo perché il tirante passa sopra la zona posteriore della suola e questo rende impossibile lo scollamento in caso di tallonaggio estremo. Idea semplice quanto geniale!
Il 90% delle persone compra queste scarpe un numero e mezzo in meno, mi dicono, ma forse si può osare ancora qualcosina, anche se non ci si chiama Gabriele Moroni e non si fa il 9a.
Complessivamente – alla prova del nove – mi paiono un gran bel paio di scarpette, precise, cattive il giusto, comode anche se strette. Hanno tutto per il boulder ma le vedo bene anche in falesia per le vie più dure. Le sento persino migliori delle Pantera Rosse, il che è tutto dire.
All’indirizzo http://www.wildclimb.it/world/punti-vendita si trova l’elenco di tutti i negozi e le palestre dove è possibile trovare i prodotti WildClimb e provarli.

In Friuli Venezia Giulia le scarpette WildClimb le trovate da:

NO LIMITS, Viale Aldo Moro 13, Tolmezzo.
VIDUSSI, Piazza Alberto Picco 12, Cividale del Friuli.
AVVENTURA 2, Via Imbriani 11/A, Trieste.
GRAVITA’ ZERO, Via alle cave 55, Trieste.
MACO SPORT, Viale San Gervasio 9, Vajont (PN).
NICO’S ALP, Roveredo in Piano (PN).
MEGAINTERSPORT – Udine.

Gli altri prodotti WildClimb sono disponibili anche da:

PIAZZA SPORT, Maniago (PN).

Luca Bridda

Fondatore di www.abcDOLOMITI.com, laureato in economia con master, lavora da 20 anni nel settore human resources e nel settore web marketing/vendite. Ha pubblicato articoli per le più note riviste dedicate alla montagna e all’alpinismo, è appassionato da trent'anni di alpinismo e arrampicata sportiva. Ha pubblicato una guida escursionistica, una guida di arrampicata sportiva, un libro di racconti dedicati alla montagna, e ama dipingere montagne https://www.abcdolomiti.com/varie/disegni-e-dipinti-di-paesaggi-montani-luca-bridda/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.