Cima della Madonna (2733 m) – Spigolo del Velo con variante Zagonel
Acquistai persino una monografia dedicata a questa via, dopo averla salita, tanto grande era l’entusiasmo per averla percorsa. E’ considerata da molti la più bella via delle Dolomiti e una delle migliori delle Alpi. Non so quanto valga il mio giudizio ma mi unisco al coro degli estimatori.
Lo Spigolo del Velo è un itinerario perfetto! Ha una roccia forgiata nel ferro, è facilmente proteggibile, si sviluppa su una delle vette più belle delle Pale lungo una dirittura fantastica, soprattutto con la sua variante iniziale Zagonel: insomma, non ha un difetto.
L’itinerario fu aperto da Gunther Langes e Edwin Merlet nel 1920, due alpinisti di gran classe, che nelle Pale aprirono anche altre vie strepitose come quella che solca il pilastro sud-ovest della Pala di San Martino, detto Gran Pilastro. Quando l’avrete percorsa sarete fregati: come potrete presto tornare alla roccia normale? Allora vi do un consiglio da amico: correte poco più a sud-est, sopra il Rifugio Treviso in Val Canali, sempre nelle Pale di San Martino, e salite lo Spigolo Ovest del Sass d’Ortiga: stesse difficoltà, stessa roccia e gran bella vetta.
Zona: Dolomiti, Pale di San Martino.
Difficoltà: IV, V e un tratto di V+/A0.
Sviluppo: 460 m + 130 m di zoccolo iniziale di II grado.
Tempi: ore 2.15 fino all’attacco. Ore
Cartina: Carta Topografica Tabacco 022 – PALE DI SAN MARTINO
Accesso
Da Fiera di Primiero in Trentino si guida verso San Martino di Castrozza per 9 km, fino a quota 1196 m circa, in corrispondenza di un tornante, dove si stacca a destra una stradina in parte sterrata e anche piuttosto ripida che porta a Malga Zivertaghe (1375 m), dove si parcheggia. Si imbocca il sentiero CAI 713 che in circa due ore porta al Rifugio Del Velo (2358 m). Da qui si prende il sentiero che porta alla Ferrata del Velo, di cui si percorre un brevissimo tratto di poco più di cento metri, fino a che non si arriva in corrispondenza dello spigolo della Cima della Madonna (15 minuti dal rifugio, ore 2.15 dal parcheggio).
// Relazione
Si lascia la ferrata e ci si innalza sulla destra, di solito slegati (II), in direzione dello spigolo, lasciando sulla destra uno speroncino. Dopo circa 100-130 m, quando la pendenza aumenta, in corrispondenza di uno stretto ripiano, conviene legarsi facendo sosta su di una grossa clessidra.
– Su dritti per una quarantina di metri fino ad una grossa clessidra (molte clessidre per proteggersi). 40 m; III.
– Ancora su tendendo leggermente a destra per altri 40 metri circa, incontrando subito sopra la sosta un chiodo, fino ad un comodo punto di sosta, alla base del primo dei tre speroncini di cui è formato (grosso modo) lo spigolo. Sosta su grossa clessidra. 40 m; III (molte clessidre).
– Su dritti fino alla base di un diedrino assai poco marcato e molto chiodato. Sosta su clessidra o su due chiodi in loco. 35 m; III.
– Su per esso (tratto chiave, V+/A0) incontrando vari chiodi e alla sua uscita due chiodi appaiati e ravvicinati. Proseguire oltre su difficoltà di IV+/V (altri chiodi) fin quasi sotto la cuspide del primo pilastrino, facendo sosta su due chiodi. 50 m; V+/A0, V, IV+.
– Aggirare a sinistra la cuspide del pilastrino e scendere obliquando a destra (faccia a valle) con delicata manovra fino alla successiva marcata forcelletta (volendo si può salire in vetta al pilastrino e fare una calata di 10 m). 15 m; II.
– Su dritti lungo il secondo pilastrino, sfruttando le numerose clessidre e la roccia esaltante, fino a 4 vecchi chiodi più clessidra da usare come sosta. 40 m; IV. Diversi chiodi.
– Ancora su dritti fino ad un evidente strapiombo giallo che si aggira sulla sinistra (non fermarsi alla sua base sui due chiodi che immediatamente si vedono; la sosta risulterebbe assai scomoda), arrivando ad un comodo ripiano con sosta su due chiodi. 40 m; IV. Vari chiodi.
– Rimontare l’ultimo tratto dello speroncino su difficoltà ora più contenute fino alla sua sommità. Con bella spaccata discendere nell’intaglio che lo speroncino determina col resto dello spigolo. Sosta molto comoda su un chiodo con anello, integrabile con un chiodo a lama da piantare in un buchetto poco sotto. 40 m; III,II. Molte clessidre.
– Sopra di noi si innalza una verticale parete di V grado che si supera con movimenti atletici. I chiodi anche qui non mancano e tanto meno le clessidre. Cercare di proseguire per 35-40 m, invece di fare due lunghezze di 20 m ciascuna, e sostare su due chiodi. 40 m; V/A1, poi IV+.
– Risalire con eleganti movimenti un canale (chiodo) che presto si trasforma in camino, da sinistra verso destra, per una quarantina di metri fino ad un comodo punto di sosta su masso incastrato (attenzione ai sassi). Tre metri più oltre c’è anche un chiodo. 40 m; IV (molte possibilità per proteggersi su clessidre e con friend).
– Non resta che risalire le facili rocce finali guadagnando la cresta, che porta alla cima (sosta su spuntone). 20 m; II,I.
– Di solito slegati, si percorre la cresta (attenzione), inizialmente tenendosi sulla sinistra del filo e poi rimontandoci sopra (60m; I+).
Discesa
Piuttosto delicata, per via dell’esposizione (in alcuni tratti davvero notevole) e della roccia non sempre solidissima. Dalla cima si scende verso il Sass Maor seguendo delle tracce di passaggio fino sopra una profonda e spaventevole spaccatura. Oltre la spaccatura, di fronte a noi, si notano due frecce rosse che indicano verso nord la strada da seguire. Si attraversa la fenditura in spaccata e la si percorre per circa una decina di metri (II+; tratto difficile da fare slegati; meglio legarsi in cordata). Si arriva così ad un terrazzino con, un metro e mezzo più in basso, un enorme anello di calata. Calarsi per 20 m ad un secondo enorme anello. Altra calata di 20 m e poi giù, in forte esposizione, per ghiaie e rocce malsicure per una ventina di metri fino ad un terzo anello (passo di II). Calarsi per altri 40 m fino alle ghiaie della forcella tra Sass Maor e Cima della Madonna, sfruttando un caminetto sulla destra (faccia a valle). Dalla forcella si imbocca l’enorme canale a destra, che scende verso est, ghiaioso e con vari salti rocciosi. Ad una prima biforcazione si prende il ramo di destra mentre ad una seconda biforcazione si prende il ramo di sinistra (passaggi di I e II; varie brevi calate di non più di 15 metri e 2 chiodi per scendere eventualmente in moulinette). Da notare che tutte le frecce che si incontrano lungo la via di discesa indicano, appunto, la discesa medesima. Questo per evitare dubbi e fraintendimenti. Raggiunto il sentiero, si torna al rifugio verso destra in pochi minuti.